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William Shakespeare, Giulio Cesare

"CASSIO:
E facciamo qui tutti giuramento
di stare al nostro patto.

BRUTO:
No, Cassio, qui non servon giuramenti.
Se non basta che ci guardiamo in faccia,
se non bastan le nostre sofferenze,
l'impostura del tempo che viviamo,
se queste son ragioni troppo futili,
tronchiamo tutto, fin che siamo in tempo,
e torni ognuno all'ozio del suo letto;
e così l'altezzosa tirannia
s'estenda in lungo e in largo,
e cada ognuno come vuol la sorte.
Ma se questi motivi, com'io credo,
hanno in se stessi sufficiente fuoco
da infiammare anche gli animi più vili
e da temprare di virile audacia
perfino i cuori delle femminucce,
allora ditemi, concittadini,
quale bisogno abbiamo d'altro stimolo
che ci sproni ad agire tutti insieme,
oltre la nostra causa?
Quale altro vincolo ci può servire
in più della parola di Romani,
segreta e senza riserve mentali?
Quale altro giuramento, oltre l'impegno
d'uomini onesti con uomini onesti
a far che questo avvenga,
o altrimenti a soccombere per esso?
Giurino i preti, i vili, i malfidati,
vecchie carogne d'uomini infrolliti,
e gli animi che, a loro simiglianza,
son usi a sopportar qualsiasi torto;
giurino pur sulle cattive cause
tutti quelli che son di dubbia fede;
ma non macchiamo la chiara virtù
di questa nostra impresa, e l'indomabile
tempra dei nostri spiriti
col credere che questo nostro impegno
e la sua materiale messa in atto
richieda un giuramento collettivo,
quando ogni goccia del nobile sangue
che scorre nelle vene d'un Romano
si renderebbe rea di bastardaggine
s'egli infrangesse la minima parte
d'ogni promessa uscitagli di bocca."

(William Shakespeare, Giulio Cesare, Liber Liber, 2000, trad. Goffredo Raponi)

 

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