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Salviamo la Costituzione

Intervento di Giovanna Melandri all'iniziativa promossa da Libertà e Giustizia

Mettiamola così. In oltre 50 anni di vita e di onorato servizio la Costituzione italiana non ha avuto bisogno di essere salvata. Ha saputo badare benissimo a se stessa da sola perché forte era la sua fibra, solido l'impianto democratico che l'aveva concepita e scritta. Ce lo ricorda sempre e molto bene Oscar Luigi Scalfaro.

Ha visto mutare la società ed a tali mutamenti ha saputo adattarsi utilizzando quel grado di elasticità che gli stessi costituenti le avevano dato in dono proprio per metterla in grado di attraversare i tempi.
Anzi in alcuni casi essa, anzi le sue previsioni, hanno anticipato ed aiutato l'ordinamento a giungere a forme di regolazione di importanti materie più avanzate ed evolute. Pensiamo solo per fare un caso alle sue previsioni in materia di lavoro o di rapporti economici.

E certo è che se oggi una gran parte dei cittadini italiani, dei movimenti organizzati e dei partiti politici sente il bisogno di salvarla significa che l'attacco che si sta portando contro di lei è pericoloso proprio perché teso a farne saltare l'impianto democratico ed aperto.

Ecco perché quando sento parlare della necessità di affrontare soltanto partendo dal merito e dal testo delle norme il confronto di queste ore mi preoccupo. Perché penso che dobbiamo sollevare occhi e testa dalla lettera delle norme che ci vengono proposte e comprendere qual è il devastante disegno che le ispira. E dobbiamo dire e votare no alle prime perché respingiamo in radice quest'ultimo.

Dobbiamo dire no con forza e far vivere il nostro no con nettezza nelle aule parlamentari perché anche chi tra di noi sostiene ancora l'esistenza di un possibile dialogo possibile è a mio avviso viziato dall'errore di origine - che abbiamo pagato caro in tutti questi anni e che dovremmo lasciarci alle spalle una volta per tutte - di continuare a credere, malgrado tre anni di devastazioni berlusconiane, che quella che abbiamo di fronte è solo una versione magari un po' folcloristica di una normale destra conservatrice.

In questi tre anni questa destra, che unisce in uno scellerato patto di governo pulsioni autoritarie, demagogiche, populiste e secessioniste ha sistematicamente mirato, distrutto e controriformato alcuni dei più importanti pilastri del nostro ordinamento con lo scopo preordinato di reinterpretarli in nome degli interessi di una sola parte ed a discapito degli interessi di tutti.

Lo ha fatto con la scuola, con le norme in materia di lavoro, con l'ambiente, con la giustizia, con il sistema dell'informazione, con la trasparenza del mercato dell'economia. E inoltre lo ha fatto con i beni culturali. Tutti beni pubblici e diritti collettivi piegati per asservirli agli interessi di una sola parte che confonde l'essere maggioranza in Parlamento con l'essere padrona del paese.

Dialogare si può e si deve sempre, nell'interesse del Paese. Ma il dialogo tra sordi non porta da nessuna parte. E non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. E questa maggioranza non ha mai avvisato la necessità di ascoltare la voce dell'opposizione e del Paese in questi tre anni. Ora mostra o finge di mostrare segni di resipiscenza e lancia inviti al dialogo. Mi dispiace ma credo che sia un po' tardi.

Dobbiamo dire no al progetto di riforma costituzionale così come è uscito dal braccio di ferro all'interno del Polo. Perché è un mostro, un ircocervo che tiene insieme il rafforzamento dei poteri del premier con la mortificazione del ruolo del Parlamento. Il principio formale dell'interesse nazionale voluto da An con la reale dissoluzione dell'unità nazionale pretesa dalla Lega.

Un provvedimento che scassa ulteriormente le casse dello Stato perché ha costi folli di implementazione reale. O che contiene norme che fanno solo ridere come quella che assoggetta lo status della capitale Roma, ai desiderata della Regione Lazio, solo perché nel braccio di ferro tra An e Lega si è dovuto dare un contentino a Francesco Storace.

E stiamo anche attenti a leggerla bene in tutte le pieghe questa proposta di riforma. Perché, vista al microscopio, è ancora peggiore di come appare. Perché ancora una volta è stata considerata come una specie di carrello del supermercato dentro il quale buttare alla rinfusa ciò che più si desidera.

Scopriremo ad esempio che, non so quanto di voi lo sanno, nel passaggio tra approvazione lo scorso luglio al Senato e attuale lettura alla Camera sono stati presentati, ancora una volta, emendamenti in materia di immunità firmati dagli avvocati del premier che siedono in Parlamento.

Questi emendamenti, Saponara, Taormina ed altri prevedono il blocco di ogni indagine e processo a carico di deputati e senatori, "per qualsiasi reato" e anche per fatti precedenti all'elezione.

Oppure prevedono l'impossibilità di arrestare un deputato e senatore finché resta in Parlamento, anche dopo una condanna con sentenza irrevocabile. C'è anche il tentativo di reintrodurre nella Costituzione una super-immunità per i parlamentari (una scappatoia in extremis per Cesare Previti?) nel pacchetto devolution-riforme che la Camera sta votando in questi giorni.

Insomma lo scandalo è che le stanno tentando proprio tutte anche di costituzionalizzare l'impunità.

Ha ragione Ciampi - di cui mi auguro arrivi presto un messaggio alle Camere -: per toccare la Costituzione bisogna aver creato uno spirito unitario perché è un bene di tutti. E tre anni di devastazione berlusconiana hanno tagliato in radice la sola possibilità che ciò possa accadere.

Per questo il solo atteggiamento politico possibile, senza isterie ma senza neanche tentennamenti o debolezze, davanti a questo tentativo di controriforma è dire con forza ma anche con coerenza no, no, no.

Giovanna Melandri
Roma, 2 Ottobre 2004

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