Parte della sentenza del 14 luglio 1981 della Corte Costituzionale:
L'emittenza privata può essere attualmente esercitata senza le conseguenze dannose di cui si è parlato solo in ambito locale per la oramai acquisita pluralità di altre emittenti di diversi e contrastanti indirizzi, mentre largamente travalicherebbe questi limiti qualora si estendesse a tutto il territorio nazionale, ove i suoi effetti si moltiplicherebbero di intensità finendo con l'attribuire al soggetto privato, operante in regime di monopolio o di oligopolio, una potenziale capacità di influenza incompatibile con le regole del sistema democratico. Capacità che si risolverebbe [...] proprio nella violazione di quell'art. 21 della Costituzione che invece si invoca a sostegno della tesi favorevole all'abolizione del monopolio statale. Infatti, come è evidente, la delineata posizione di preminenza di un soggetto o di un gruppo privato non potrebbe non comprimere la libertà di manifestazione del pensiero di tutti quegli altri soggetti che, non trovandosi a disporre delle potenzialità economiche e tecniche del primo, finirebbero col vedere progressivamente ridotto l'ambito dell'esercizio delle loro libertà.
La Repubblica, 27 gennaio 1985:
Dottor Berlusconi, ma cosa significa per lei, e per le sue tre reti, questa legge? "Significa che siamo usciti da un lungo periodo di attività basata solo ed esclusivamente sui diritti fondamentali che ci sono garantiti dalla Costituzione, per entrare in un ambito di regolamentazione certa con il riconoscimento ai privati ad esercitare una intrapresa televisiva in maniera totale...
In una puntata delle interviste televisive di Enzo Biagi1 è stato detto da colui che è sempre stato il direttore della redazione del TG5, il telegiornale principale della creazione televisiva privata del soggetto proprietario concessionario, Enrico Mentana, delle parole che si riferivano ad un passato recente quello in cui il suo editore aveva deciso, proclamandolo a sue reti unificate, di voler entrare di persona nelle auliche sale della politica italiana. In quel momento, ci fa sapere, lui e la redazione, hanno cercato una risposta alla questione che si sono posti: scegliere di avere particolari riguardi per il suddetto personaggio oppure trattarlo come comunemente fanno verso tutti? Naturalmente, prosegue ad affermare Enrico Mentana, la loro scelta - come siamo fortunati - è stata quella di percorrere la strada del trattamento paritario.
In base a queste prime informazioni siamo in grado di stabilire un importante giudizio, proprio in merito al livello informativo. Il vero giornalista, un normale giornalista, il giornalista di livello, ideale, quello non dipendente, o, per lo meno, di una certa età, non si sarebbe mai assolutamente posto un tale quesito, avrebbe in maniera indifferente al fatto accaduto continuato a comportarsi come sempre, oppure anche meglio di prima, ché è normale considerare la possibilità di migliorarsi nel tempo. Ed invece nella loro mancanza di autocritica pure trascurano che il loro eventuale "comportarsi come sempre" non implica in sé il raggiungimento dell'obiettività e dell'impassibilità, il valore del proprio telegiornale, quando, per giunta, il loro comportamento è riconducibile ad una selezionate anteriore fatta proprio dal signore che ipotizzavano di trattare2. Quando loro hanno raccontato le sue azioni e le reazioni degli altri e quando non hanno raccontato, perché il giornalista deve saper scegliere, il signore editore del TG5 aveva di che sentirsi sicuro, innanzitutto, conoscendo e fidandosi di chi paga, purtroppo al di là del livello di gravità del proprio comportamento. Altro che far sentire la propria presenza di giornalisti.
Quindi, questo direttore e questa redazione, invece di raccogliere dubbi riguardo scelte non escludibili, su quello che dovrebbe essere il proprio ruolo, avrebbero dovuto piuttosto porsi altri quesiti, se fossero o no all'altezza del compito, se ricoprissero la loro qualifica.
Marginalmente si aggiunge, riguardo a questa discussione interna della redazione, che, senza giustificazioni si presume con i loro dubbi dovessero ritenere scontato che molto avrebbero dovuto parlare del padrone di casa, forse investito a guida di un partito, cosa certo non delle più naturali per un cittadino della nostra repubblica, figuriamoci per chi vuole essere privo di elementari concetti democratici.
L'Osservatorio di Pavia, un ente da ricondurre all'università della città, da almeno dieci anni è noto per le sue relazioni sulla presenza dei politici in televisione. Da qui è possibile vedere oltre all'incredibile e incomparabile prevalenza di un singolo individuo nella tv in generale (dovuta, per quel che riguarda la RAI, credo, non semplicemente alla scarsezza dei giornalisti principali dei programmi3), anche il tempo dedicato dal TG5 alla politica.
Come si può vedere nel loro sito (www.osservatorio.it), anche in momenti severi come i mesi vicini alle elezioni politiche, il tempo assegnato all'argomento era la metà di quello del TG1 e della media degli altri telegiornali. Si aggiunge quindi anche una messa in secondo piano della politica, in conformità alla linea sempre da loro dichiarata, cioè di trascurarla perché non interesserebbe così tanto al pubblico. E qui possiamo facilmente farci una idea su come risulta la linea editoriale generale decisa in questi pesanti canali privati.
La più recente legge per la regolamentazione televisiva, con l'intento di promuovere l'espressione di più voci informative (dovendo difendere il diritto di tutti d'espressione, senza vantaggi particolari per alcuni; e quindi di evitare il problema dello sfruttamento individuale delle informazioni), obbliga ogni emittente (locale o nazionale) a cui è affidato lo spazio per trasmettere, che è sempre pienamente proprietà dello Stato (che detta le condizioni e può revocare quando vuole), di trasmettere almeno una edizione di un notiziario al giorno. E qui che succede? Tale obbligo di distribuire una informazione quotidiana consiste in una triplice trasmissione di un unico modello interpretativo. Dei telegiornali che sono: di nome così qualificati, visto quel che rimane che possa essere definito come tale fra lunghezze di discorsi in secondi e rubriche di cucina4); divisi per un orientamento per fasce di età, dove, ad esempio, il pubblico giovane secondo loro ha bisogno della metà della metà infinitesimale di politica e di qualsiasi altra cosa, non dovessero abituarsene in avvenire. Non c'è maggiore struttura nel dovuto asservimento all'opinione pubblica.
Dovrebbe essere considerato molto gravemente l'aver trasmesso spesso e volentieri l'idea che sono liberi di fare quel che vogliono nelle loro televisioni, con frasi tipo: «noi siamo privati», senza vedere lo Stato come una collettività da rispettare, imporre il contenuto e soltanto autocensurarsi qualche volta, in attesa di tempi resi più tolleranti. Passo dopo passo o più bruscamente, hanno un arma per mettere in testa qualsiasi cosa alle persone.
Chi si rende conto che la televisione italiana rappresenta un caso isolato nel panorama europeo in fatto di quantità di pubblicità, modalità di interruzione dei programmi, moralità e qualità in generale?
E dello sbandierato schieramento del direttore non diciamo nulla? Quante volte il suo editore ci ha certificato che: "Costanzo e Mentana sono di sinistra", per quel che vale visto che lui stesso si è definito alle volte quale tale (il che non significa che è di destra, visto che lui non dovrebbe stare seduto in qualsiasi parlamento). Ci ha detto che sono così, ecco dunque che li andremo tutti a vedere e compreremo i detersivi e le camice che volessero pubblicizzare (se l'ordine dei giornalisti lo permette). Per fortuna la repubblica è più importante di tre parole di convenienza e una persona.
Forti sono stati i legami di Enrico Mentana con l'entourage di Bettino Craxi, che, come non doveva essere ricordato in questi anni, era uno stretto compare di Berlusconi Silvio, la persona che ha forzato l'approvazione in Parlamento dei famigerati "decreti Berlusconi" (repentini ritorni dall'estero, minacce di elezioni anticipate, questioni di fiducia...), per sanare l'illegalità in cui era incorso1. Infatti nel 1984 diverse Procure della Repubblica avevano spento parte delle emittenti TV locali che gestiva, sequestrano strumenti, avendo voluto mancare nell'osservare la norma legislativa che negava alcuna autorizzazione ai privati per trasmettere su scala nazionale, infatti le sue locali operavano come se fossero un unico canale televisivo nazionale.
Era riuscito a divenire vicedirettore del TG2 craxiano poco prima delle profferte del suo nuovo editore. Siamo nel 1991, dopo la travagliata approvazione della legge Mammì per regolarizzare il settore, per la quale cinque ministri democristiani si dimisero per protesta, le sue televisioni, compresi i tre canali di Telepiù dalla sua azienda creati1, hanno anche il dovere di fare notiziari. Berlusconi Silvio prende molto dal TG2 craxiano, raddoppiando stipendi2. Quando il direttore designato ha fatto ingresso nella sua nuova sede, un ammiratore anonimo gli ha fatto trovare un imponente mazzo di garofani rossi, si suppone in relazione col simbolo del partito in cui si trovava Bettino Craxi, che lui ha quindi distribuito fra i tavoli della redazione3.
In una intervista del 2001, prima delle lezioni, rilasciata a L'Espresso4, Enrico Mentana ci fornisce ulteriori informazioni per poter dedurre le sue idee politiche. Non si recherebbe alle urne da diversi anni, dice sette. Pure tutt'altro che vicino alla sinistra parlamentare il suo ultimo voto, il Partito Radicale Italiano di Pannella lo possiamo mettere all'estrema destra dei parlamenti5.
Possiamo ricavare dagli elementi addotti che ha una scarsa considerazione per argomenti nobili come la politica, appare un approccio misero di interessi, disimpegnante. Si configura come un puro esecutore, forse mansueto, di chi gli sta sopra.
E dove sarebbe l'evidenza politica di Maurizio Costanzo, che non fa nemmeno programmi di informazione, ma di intrattenimento6? Che vale che abbia manifestamente detto «voto per sindaco Caio» in qualche giornale? E perché non spiega, ricorda qualche volta, il motivo per cui si trovava iscritto alla società segreta eversiva P2 (naturalmente fra le cose che lo accomuna a Berlusconi), nazistoide? Arrivasse a fare anche una professione di fede marcata, che possiamo farcene di queste sue parole del momento? E la sua accondiscendenza, disponibilità e riconoscenza al capo di questa setta eversiva, di questo partito Fininvest disposto, fra le altre cose, a un evidente estremo controllo delle informazioni può avere tutt'altro che la nostra comprensione.
E questi sarebbero i due baluardi dell'informazione obiettiva, retribuiti e sostenuti soltanto dall'autopromozione della propria casa editrice.
Magari ci fosse il clima del film con Humphrey Bogart, in Italia. Ma gli italiani meritano di essere trattati così male? Nel contenuto e nella sensibilità con cui si percepisce il problema legato alla struttura dei mezzi di informazione, di come vengono utilizzati e da chi sono posseduti, il nostro paese compete? Non si direbbe che ci troviamo in Europa. Correntemente le cose vanno al rovescio: si perseguitano i buoni, non i cattivi.
Per anni subito dopo questo TG5, similmente anche nelle sue repliche notturne, definibile come una rubrica interna perché non basta un intermezzo pubblicitario poco prima di chiudere e la sigla di due secondi per delimitare le responsabilità (comunque riconducibile alla sua direzione), la parola era lasciata nientemeno che a Vittorio Sgarbi, parlamentare nel 1994 e nel 1996 del partito Fininvest, dopo essere stato sindaco e consigliere comunale del PSI. Persona volutamente violenta e vantatamente incontrollata, con questo programma molto ha fatto per guadagnarsi le multiple condanne per diffamazione (con particolare riguardo per i magistrati), di gravità tale che non ha più la sospensione condizionale, con l'effetto, se non fosse parlamentare, di portarlo immediatamente dietro le sbarre1. Molto recentemente ho visto per caso passarne una di queste sue serie quotidiane che si faceva notare per la presenza insolita di ospiti. Chiaro immediatamente il contenuto, chi attaccare brutalmente e chi preme difendere, visto che si riconosceva bene la figlia del personaggio che riuscì a divenire segretario del PSI. Complimenti per il coraggio?
All'avanguardia. Sicuramente un uomo di "cultura-mediaset" equilibrato, nel senso naturalmente che ha bilanciato l'assetto del TG5 su quello plateale delle altre due. Così tutto il tempo perso prima con il tiggì dall'edizione ridotta, veniva recuperato con questo investimento.
Quindi, se i telegiornali delle altre due reti invitano direttamente i deputati nello studio a commentare notizie2 o a far dirigere la rassegna stampa, il TG5, quantomeno, non se li è fatti mancare in appendice ogni giorno.
Naturalmente non sono mancate varie altre cose incantevoli. Di tutti i generi. Ad esempio quando a ridosso di un referendum promosso dal Partito Radicale che voleva toccare il diritto al reintegro coatto dei lavoratori licenziati (21 maggio 2000) che ha universalmente suscitato forte avversione dei lavoratori ed è stato subito ampiamente bocciato al voto (ed ha provocato scioperi generali ai tentativi di modificarlo dell'attuale esecutivo), dopo l'edizione di mezzanotte del TG5, hanno trasmesso un film chiamato Promozioni facili di una oscenità enorme, promotore di una accondiscendenza sistematica a quelle che per l'autore sarebbero le onnipresenti pretese sessuali dei superiori e attaccante il sindacato.
Di concessioni pubbliche Mediaset ne ha due, trasmette però un terzo canale abusivamente, occupando lo spazio meritato da un altra società che attende invano da tempo, impossibilitata a svilupparsi; questa situazione deriva da una sentenza della Corte Costituzionale del 1994 in cui stabilisce eccessiva, contro i valori della costituzionale, la proprietà comune di più di due canali televisivi. Altrove, come in Spagna, la legge è assai diversa, un mondo normale: un individuo non può essere così prepotente da detenere più del 25% di proprietà (quindi di controllo) e più di una sola rete televisiva nazionale. Da questa limitazione considerata superata partono parte dei guai che l'editore dei tre canali Mediaset ha in Spagna, insieme all'evasione fiscale e tanto altro3.
Eppure facile sarebbe avere una legge per obbligare la distribuzione della proprietà in maniera molto più capillare fra i cittadini, non si potrebbe certo essere sfavorevoli. In altri paesi la forma dell'azionarato diffuso, anche chiamato "public company", è molto più diffuso che in Italia, dove ci si è limitati erroneamente a proporlo per la RAI.
La legge italiana vieta di possedere insieme tivvù e quotidiani, ma non si pensi che ne abbia avuto il minimo riguardo: Il Giornale è stato intestato al fratello, mentre Il Foglio lo detiene la seconda moglie, Panorama, uno dei settimanali più diffusi dopo Famiglia Cristiana e L'Espresso, lo può controllare personalmente per mezzo dell'abnorme editore Mondadori (con tanto di processo associato per averla acquistata illegalmente1).
Panorama era, finché non ci ha messo le mani lui, un settimanale progressista. Il Giornale, testata fondata da Indro Montanelli (e per quanto tempo è stato presente in copertina il suo nome accanto a quello del quotidiano), invece, non aveva avuto bisogno di ritocchi da parte del proprietario, all'epoca non aveva esigenze molto particolari, poteva rispettarne la linea politica, poteva dirla anche un'avanguardia. Ha dichiarato che vorrebbe la RAI, che lui ci ha voluto far vedere come una cattiva ribelle, dietro il modello che lui ha imposto ai canali di sua proprietà. Si può scommettere che sia stato assai coerente su questa linea anche riguardo a Il Giornale, alla cui redazione risultava erroneamente fino ad un certo giorno fosse editore il fratello. Indro Montanelli da direttore denunciava all'Italia, rivolto soprattutto alla propria aria politica, quale sciagure potevano essere per la nostra repubblica le conseguenze delle intenzioni manifestate da questo miliardario autoritario, bugiardo ed irregolare di candidarsi alle elezioni. Raccontava un fatto che ha suscitato gran disprezzo. Un giorno irruppe il vero editore in redazione, senza alcun preavviso, dettando legge fra i giornalisti presenti, dicendo che non sarebbero mancate "munizioni" qualora il quotidiano avesse seguito la politica della sua politica.
Vale la pena di citare Roberto Benigni, che parla sempre con grande accuratezza del personaggio mostruoso, sa delineare di chi si tratta. Una parte di una canzone tratta da Tuttobenigni95, della scena del Giudizio Universale. Dopo aver chiesto a Dio chi era («E lei chi è!?», «Come chi sono? Io sono colui che è!», «Ed io sono colui che ha...»), lo fa elencare le sue proprietà: «C'ho Panorama, Assicurazioni, / Milano due, Milano tre, "Sorrisi e canzoni". / C'ho Carlo Rossella, del ti-gi-un, / è mio è mio il ti-gi-due e Mimun. / Vittorio Feltri, i due Vianelli, / e se obbediva, forse, Indro Montanelli».
«Non ci pensare nemmeno...». Ma la sua volontà non ammette distorsioni. Montanelli fu quindi praticamente cacciato dal proprio quotidiano, mutato in un giornale di partito, secondo le sue definizioni. Dopo non aver accettato la direzione del Corriere della sera(offerta da Agnelli e Paolo Mieli), fondò un nuovo giornale insieme agli altri quaranta che lo vollero seguire dalla redazione de Il Giornale (fra questi un elemento come il noto Marco Travaglio). La Voce pubblicava in prima pagina fotomontaggi con Berlusconi Silvio e Fini Gianfranco in orbace a Piazza Venezia2.
Stranamente La Voce non è sopravvissuto, mentre Il Giornale sì. Dove avrà mai trovato una redazione intera disposta a fare i suoi comodi? Sì certo, ha tanti soldi che potrebbe corrompere mezza Italia, un luogo dove ci sarebbe ben bisogno che qualcuno impartisse incisive lezioni di morale, della vanità dei motivi che inducono alla ricerca del denaro. D'altro canto siamo in 57 milioni in Italia e si vede nella sua compagine.
Però per lasciare il segno uso una lezione di storia di Montanelli. Una comparazione fra gli italiani del tempo dell'instaurarsi del fascismo e le torture e la morte a cui andavano incontro i ribelli di altri contemporanei stati. Per gli italiani ostili, diceva, erano sufficienti un po' di olio di ricino e dei calci nel sedere. Bisogna però tener ben conto che tuttavia la popolazione italiana si era da poco unificata, dopo che si è riusciti a cacciare sovrani stranieri.
Speriamo che in futuro la quantità di maggiordomi di basso profilo, yes-man, tirapiedi e quant'altro, sia molto esigua.
«E ci credono pure. Ricevo decine di lettere di persone anche colte, medici, ingegneri, che sono convinti di aver vissuto in questi anni in un regime di «rossi». Quando se c'è stato nella storia un antiregime, questo è stato proprio il governo dell'Ulivo»1. Questo diceva il conservatore Montanelli.
L'avvelenatore dell'opinione pubblica è capace di indicare tutto per distorcere la visione della condotta della RAI, tutto naturalmente lui salva della sua informazione. Raramente si concede di dire che Emilio Fede (TG4), fa la macchietta, niente di più, qualche volta esagererebbe (così assicura gli altri che non sono tenuti a fare esattamente come lui). Tali scelte sono fatte a priori, solo per propaganda. Qualsiasi sia la realtà, solo per incassare di più, nella ricerca dell'incasso massimo ottenibile con i mezzi che si possiedono, a qualsiasi costo. Non importa se ci sono menzogne e altri delitti dietro. Si chiama venalità ed è un peccato grave.
Dovremmo considerare comprensibile avere difficoltà a trovare giornalisti e qualsiasi altro tipo di persone che pensino di votare per individui di questa natura, all'estero i media al completo si mostrano fortemente contro Berlusconi Silvio, eppure la RAI dell'Ulivo c'è riuscita. Ne ha presi alla fonte: a chi è stato per tutto il tempo assegnato il TG2? Clemente Mimum, già al TG52, e non è l'unico. E che regalo è stato con il debole Longhi il TG1 all'aliena prepotenza! Francesco Pionati3, certo sempre per gli stessi motivi di tutti gli altri, ha monopolizzato tutto, sempre apparendo come la sigla del Quiz Show, reboante, al momento di parlare in merito ad una certa persona, anzi, degli «azzurri» (sic), nei suoi quotidiani servizi mancavano soltanto gli aerei passanti con striscioni nel cielo; l'Ulivo sempre ridicolizzato. Francesco Giorgino ha dichiarato pubblicamente di aver votato per lo scellerato (ed allora tanta bontà va subito ricompensata, se lo dice così tranquillamente si possono fidare), si chieda dunque a lui come si è comportato il TG1 che lui conduceva.
Enzo Biagi, come se con il suo programma continuasse il telegiornale, qualche volta ha coperto gli assai evidenti vuoti su qualche argomento lasciati dal programma precedente, riportando rilevanti notizie politiche.
La RAI lavorava sotto continue, persecutorie e impunite minacce, attacchi senza risparmio. Per qualsiasi giornalista RAI, aldilà di una vita passata nell'azienda, e guai se gli venisse da pensare che gli conviene favorire qualcun altro. L'USIGRAI, il suo sindacato giornalisti, costantemente attivo nel reagire alle azioni d'intento repressivo dei tirapiedi e dell'editore della concorrenza.
E non certo saranno danneggiate persone come Saccà Agostino e Leone Giancarlo, fra i massimi dirigenti RAI (direzione di RaiUno e della Divisione Uno), voluti dal consiglio di amministrazione di Zaccaria e da chi scrive sempre detestati per il loro operato.
Continue sono state le pretese che il signor "capo dell'opposizione" ha imposto alle sue presenze televisive, pena la sua terribile assenza. Certo non aveva bisogno di suggerimenti Anna La Rosa1, conduttrice di Telecamere (RAITRE). I requisiti erano molto semplici: non ci doveva essere nessuno che lo contraddicesse, quindi via la maggioranza, via i giornalisti veri, solo suoi lavoratori dipendenti (rigorosamente), via le domande dal pubblico. Per anni. Tanto ha fatto che all'ultimo giorno della campagna elettorale, pur di non far vedere una cosa seria, come in tutti i decenni è avvenuto, ha fatto selezionare dalla redazione del fido Maurizio Costanzo sei persone da portare in studio a fare qualche domanda, anziché una fila di giornalisti, anziché la libertà di vedere chi dal pubblico volesse dire qualcosa. Che fine hanno fatto i programmi in cui il pubblico interveniva? Ce n'erano, pure andavano in giro per l'Italia. Sono scomparsi tutti in tv, solo nelle radio della RAI duravano.
E siccome l'editore-re non voleva che si verificassero confronti diretti, tutto era fatto per limitarne. Nei servizi dei telegiornali abbiamo subìto lo schema fisso: se parlava uno della maggioranza su un argomento, sùbito era accompagnato dai rimbrotti e dalle conclusioni finali e definitive dei servi e dei killer di Berlusconi; se invece si iniziava con una osservazione, anche violenta, di quella opposizione, il seguito doveva essere un rappresentante del governo o della maggioranza che appariva per dire qualcosa pacata magari su un altro argomento. Alle volte veniva il momento di qualche approfondimento giornalistico, all'occasione che qualcuno facesse cose come tirare in faccia una torta ad uno dei Verdi, importante allora riportare tutta l'azione fedelmente.
Uno dei momenti plateali e massimi dell'orrore generato dal TG1 è stato quando Francesco Pionati ha insultato l'ex Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. È il 23 giugno del 2000, libero dall' incarico della massima istituzione italiana da diversi mesi, nel convegno del Partito Popolare Italiano ha preso il suo ruolo di cittadino e di parlamentare per aggiungere la sua voce a quella di tutto il mondo che respinge con disprezzo quell'entità. Mosso dalla sua grande moralità faceva notare ampiamente quanto fosse indegno per la nostra patria. Il sedicente cronista, prima di far vedere una rapidissima sequenza dell'evento montata tanto per suggerire che veniva detto qualcosa, ha premesso parole con l'intento di far digerire bene il più possibile cotanta contrarietà a noi ignari teleguidati, indicando fermamente che tali giudizi duri sarebbero dovuti al fatto che il soggetto rifletteva in previsione della campagna elettorale per le Regioni che sarebbe iniziata fra qualche mese.
Bisogna rendersi conto che quanto detto non è un allarme semplicemente su degli schemi non rispettati. No, mille volte no. Si affronta invece una situazione in cui ci sono dei personaggi che utilizzano non copiosamente ma esclusivamente strumenti di menzogna per avere potere elettorale, per accaparrarsi il potere delle istituzioni, lì fin dove possono arrivare. Non c'è alcun confronto fra idee diverse, non spiccano verità in mezzo a loro, padroneggia la bugia più spudorata. La finta destra, i falsi liberali si alimentano di bugie e di errori palesi ed elementari.
Si proverà a fare degli esempi chiave. Segue un breve articolo scritto in un altro contesto..
Anche l'anno scorso c'è stato un volo spaziale come oggi, quello di Umberto Guidoni, l'ennesimo viaggio a bordo dello Space Shuttle. Guidoni pochi giorni prima delle elezioni era tornato sulla superficie della Terra ed appena sbarcato - la notizia è volata molto velocemente sul TG1 - si è messo in collegamento con un comizio pubblico del candidato premier Francesco Rutelli per dire che anche lui, com'è naturale, voterà per l'Ulivo il 13 maggio. Prima e negli stessi giorni sono stati pubblicati vari articoli nei giornali che riportavano dichiarazioni ed interviste di diversi premi Nobel. Rita Levi Montalcini, ad esempio in «L'appello di Rita Levi Montalcini, "Un pericolo minaccia il Paese"», visto su Repubblica.it con data del 1 aprile 20011, ha detto che non è solita dare dichiarazioni di intenti così nette ma oggi è in pericolo la democrazia, voterà per l'Ulivo alle politiche e anche per Veltroni sindaco a Roma. Franco Modigliani (USA, Nobel per l'economia, professore al MIT di Cambridge), in una rimarchevole intervista al Corriere della Sera, «Modigliani: la democrazia in Italia è a rischio se vince Berlusconi», del 5 maggio 20012, lancia lo stesso allarme democratico, non solo per la chiara assenza di volontà risolutiva della sua pesante attività imprenditoriale («di una legge non ci dovrebbe essere nemmeno bisogno») che tocca seriamente pure il ramo dei media, ma per idee pericolose sulla indipendenza della magistratura e della stampa. Inoltre all'aspetto democratico, il suo severo giudizio si estende sulle sballate scelte nell'ambito dell'economia, la sua materia di insegnamento («in pochi mesi Berlusconi danneggiò seriamente l'Italia»). Poi c'è quell'onesto uomo di Dario Fo e sicuramente altri Nobel. Il pluripremiato Roberto Benigni anche lui alla chiara minaccia ha reagito. Ha firmato certi famosi appelli, colmi di professori universitari seriamente preoccupati per l'avvenire3.
Mentre succedevano queste ed altre cose, il signor Berlusconi Silvio è stato ospite nella trasmissione di Raitre Telecamere condotta dalla temibile Anna La Rosa, in onda ogni domenica a mezzogiorno e in replica a mezzanotte, qui ha detto, e si ha anche il video originale su Internet4, che lui è laureato e che pensa che sia importante una laurea, dall'altra parte invece ce l'avrebbero in pochi. Ora, se prendiamo le statistiche della Camera dei Deputati5 della precedente legislatura (e si noti come sia stato adesso dopo il 13 maggio reimpaginato da qualcuno, al fine assai evidente di occultare un folto numero di parlamentari dell'Ulivo, ora invisibili in coda all'elenco), vediamo che non solo è l'esatto opposto, anche considerando il fatto che l'Ulivo è in maggioranza (ed in Senato in maggioranza schiacciante, non può certo dire di non averci fatto caso), c'è pure da aggiungere che non si tratta soltanto di semplici laureati e di parlamentari anche con lauree ad honorem, vi è un numeroso gruppo di docenti universitari, rettori (uno di questi è Luigi Berlinguer, ministro della pubblica istruzione), elementi che dall'altra parte, ovviamente, non possono che mancare seriamente.
Naturalmente, al suonar di questo rinomato castrone, la giornalista incaricata di informare, unica presenza in studio ch'era d'obbligo, ha lasciato fare, campo libero, ha calato la testa, ve la immaginate facilmente una come lei nell'atto di annuire, una garanzia il suo programma. Provasse a dire una cosa del genere ai giornalisti della carta stampata, da Biagi o da Santoro, vedreste che trattamento che riceverebbe, quali sberleffi, senza bisogno di un giornalista anglosassone. Libere bugie e specie nel posto giusto, questo è il suo protocollo di comportamento.
Ma quale sarà mai il suo limite nella realizzazione della ingiustizia assoluta? Associando altri fatti, se non è possibile carpire il suo limite, si può capire a sufficienza il suo carattere radicato di bugiardo. Un altro limite sarà invece più facilmente valutabile dai lettori della carta stampata, quello del TG1 nel garantire il diritto all'informazione, presupponendo che non possa riuscire a fare piazza pulita per rifilarci esclusivamente i suoi fidati, altrimenti potrebbe essere indeterminato.
Qualche mese fa c'è stata una grande prodezza, il sig. Berlusconi per miracolo è divenuto presidente del consiglio italiano ed in vesti importanti si mette a fare tale dichiarazione: dice che lui è stato sempre assolto con formula piena, sempre quando si è trattato di essere giudicato a più alti gradi di giudizio. Nel TG1 di Albino Longhi è passato tutto questo senza battito di ciglio. Invece non è affatto così. Il soggetto ha una condanna definitiva per falsa testimonianza in tribunale del 1991, varie condanne in secondo grado che solo l'uscita dai limiti temporali non ha permesso che fossero definitive, senza fare ricorso contro la prescrizione nonostante i gravi reati materia dei processi, con l'imposizione del pagamento delle spese processuali (se proprio qualcuno non creda sia reo - oltre ad aspettare l'imminente sentenza, in cui è considerato quasi spacciato, imprescrivibile - si dovrebbe per forza crederlo povero di questioni di principio), oppure, se c'è il ricorso, con la sua conferma in Cassazione1.
Naturalmente, il suo Striscia la notizia, quello di casa sua, il suo territorio certo, anziché riportare un misfatto del genere del TG1 va a parlare continuamente, con l'evidente stile scevro da rigore, di loro vacue falsificazioni di parole del sig. Berlusconi (a favore dell'interessato) in visita a Washington; mentre per Francesco Rutelli, va a parlare di TG3 che falsificherebbe, con platee create ad hoc, magari si trattava proprio di quella volta in cui il candidato premier è caduto in un ora di ritardo, trovando una conferenza amica svuotata, ma costretto a non rinunciare al suo intervento. Mentre sicuramente è stato trascurato il vero montaggio del TG3 (adesso con vicedirettore uno che è riconoscibile in quota alla Lega Nord), quando v'è stato il servizio che riferiva del recente intervento del sig. Castelli all'assemblea della rappresentanza della magistratura, lì solo gelidi silenzi od applausi ironici ci sono stati, ma nel servizio una serie di applausi identici intercalavano quattro o cinque volte il discorso dell'attuale ministro della Giustizia (migliore, molto migliore, è stato in questo caso il servizio del TG1).2
È difficile senza comprare giornalmente un quotidiano affidabile, molto però può essere fatto attraverso Internet, seguendo continuamente i siti dei quotidiani o anche quelli di persone organizzatesi contro i comportamenti dei cattivi sopra indicati. Ad esempio il più importante, con articoli di grande qualità, potrebbe essere quello dell'associazione milanese Società civile - www.societacivile.it -, che vede fra i fondatori Nando Dalla Chiesa, Giorgio Bocca, Camilla Cederna, Giampaolo Pansa, noti magistrati milanesi; oppure www.opposizionecivile.com, riconducibile a Paolo Sylos Labini1 ed altri; nonché www.manipulite.it riconducibile al bimestrale MicroMega.
Ma c'è da segnalare un programma storico, ha fatto in contemporanea l'anniversario dei venticinque anni insieme al TG1, Prima Pagina di RadioRai3. Un buon esempio, almeno tendenzialmente per via della sua struttura, di come è possibile fornire una informazione obiettiva e più esauriente del comune. Ogni settimana cambia il conduttore, che può essere un noto giornalista (solitamente della carta stampata) o un personaggio di cultura come un professore universitario o uno scrittore, con l'incarico di occuparsi nella prima mezz'ora di una rassegna stampa dei quotidiani e nella successiva mezz'ora viene svolto un filo diretto telefonico con gli ascoltatori. La continua rivoluzione settimanale del programma, il fatto che sia dovuto attenersi a fare una sintesi della stampa nazionale, con la sua molteplicità di testate, e, infine, l'ampia possibilità di vedersi rivolto delle domande da casa, offrono un alta garanzia potenziale.
Al sito di RadioRai3 (www.radio.rai.it) si può trovare l'archivio audio delle puntate e l'elenco dei conduttori che si sono succeduti. Fra questi, a solo titolo d'esempio ci sono: Igor Man, Corrado Augias, Franco Cardini, Giulio Giorello, Furio Colombo, Gianni Riotta, Giovanni Valentini, Gianni Vattimo.
È stato fatto presidente della RAI Antonio Baldassarre, ora vediamo chi è questo esimio esperto costituzionalista. Proviamo ad illustrare i suoi spettacoli anteriori alla sua nomina, già minacciata da tempo2, non ha infatti mancato diverse volte, similmente ai costumi degli altri citati, prima e dopo le elezioni del 2001, di recapitare alcune sue osservazioni, naturalmente non trascurate da certi programmi televisivi, con grave ferite inferte alla ragione, con spirito d'aiuto al sempre riconoscente Berlusconi Silvio.
Prendiamo per primo caso quanto ha detto riguardo alla mancata elezione di alcuni seggi parlamentari per mancanza dei candidati a cui potevano essere riconducibili i voti. Si propone una situazione estrema, per meglio mettere in risalto la corretta strada da seguire, sia per logica, che per quanto detto dalla Costituzione.
Eccoci, siamo un partito ma vogliamo fare proprio due liste separate, cioè due partiti separati. Come non ha senso? Ma è proprio quello che è stato fatto, in, direi, tutti i collegi il gruppo di Berlusconi Silvio, in molti meno collegi dall'Ulivo. Ma torniamo al nostro caso limite e poniamo i cento candidati ufficiosamente di un partito, formalmente in due partiti:
lista A con 50 candidati,
lista B con 50 candidati
Si vince le elezioni con la lista A che ottiene il 99% dei voti, la lista B ne ottiene l'1% per cui non conta nulla per la legge elettorale (poiché anche nel nostro caso abbiamo lo sbarramento a chi non supera il 4%), gli avversari nessun voto.
Quindi la lista A ha diritto al 100% dei cento seggi da distribuire. Il problema che si viene a creare adesso è che ci sono soltanto cinquanta candidati associati alla lista, quindi eletti.
Cosa dice la costituzione:
Il numero di parlamentari deve essere "100" (semplificazione, cifra non corrispondente)
Gli elettori scelgono fra i partiti che si presentano alle elezioni
Il tipo di democrazia in Italia è rappresentativo: i cittadini si muovono all'interno di associazioni dotate di democrazia interna, al fine delle elezioni vengono scelti dei rappresentanti e questi eseguono tale mandato e si presentano alle elezioni come loro stessi desiderano, ma la cui volontà è data in tutto coincidente con la volontà degli associati, qualsiasi cosa facciano.
Facciamo un esempio generale: mettiamo che si scelga l'argomento X nel piccola parlamento del partito, che si combattano due tesi diverse a riguardo, quindi due persone, Y e Z, risulta che vinca per un voto Z, ma poi Z al momento che avrebbe dovuto far vedere una differenza di comportamento vada invece nella posizione di Y, non c'è nessuna rottura del meccanismo rappresentativo: non si può sapere se tutti gli elettori di Z (salvo, ovviamente, la possibile verifica, con quindi possibile un ritorno alla votazione e un cambiamento correttivo) avrebbero mantenuto, su un tema così incerto o controverso, fino al momento indicato, quella posizione (quindi il mantenimento del 50% più uno dei voti).
Dunque, quando il partito OMEGA decide di crearsi una, diciamo, lista ombra, di poco conto, per quanto sia questo nell'intenzione di incassare il più possibile usufruendo di particolari elementi del sistema elettorale corrente, per la Repubblica abbiamo a che fare con degli iscritti a un partito che si mostrano in queste vesti, quelle di un secondo partito e così viene considerato e contato, come tutti gli altri partiti.
Quando si arriva al voto, si verifica una corrispondenza fra la volontà espressa da questi iscritti al partito e quella degli elettori che lo votano.
Nel caso teorico e stringente fin qui esposto la conseguenza sarebbe chiara: l'annullamento delle elezioni per mancanza di eletti, mancandone 50 dei 100 da coprire e non potendo esserne aggiunti nessuno dei cinquanta necessari per l'assenza di voti considerabili, per motivi diversi. Niente di grave: si rivota.
Nel caso invece ci fossero altri partiti (ad es. C, oppure D, E, ed F) con percentuali superiori al 4%, i cinquanta seggi rimasti (il 50% dei seggi della nostra semplificazione) dovrebbero essere distribuiti fra questi. Se la controparte A non fosse d'accordo con il risultato e contasse numericamente per farlo, può giungere allo scioglimento delle camere e quindi fare nuove elezioni, con quindi eliminazione di quello che hanno considerato un loro errore.
Cosa dice, invece, Antonio Baldassarre, che hanno fatto presidente della RAI, il suo concetto è questo: la mancata assegnazione dei cinquanta seggi residui ai candidati della lista B è un mancato rispetto della volontà degli elettori, quindi è necessario che si proceda.
A parte il fatto che è ridicolo parlare di come non si sono comportati bene altri, quando ce n'è uno che non l'ha fatto per un solo giorno nella sua vita e con grande gravità, con il peso di tutte le sue televisioni e i suoi infiniti quattrini. Ad Enzo Biagi non gli si può rimproverare niente, se non l'eccessiva bontà, la sua intervista a Roberto Benigni era in linea con tutto quello che si diceva, soprattutto in quel momento, di Berlusconi in altri media importanti come La Repubblica, Le Monde, The Economist, El Mundo, Der Spiegel. New York Times, BBC. Cosa avrebbe dovuto fare la RAI? Cosa doveva fare Biagi stando così le cose? Starsi zitto perché un singolo individuo si è messo in testa che deve conquistare l'Italia? Per non sentirsi rimproverare che informando gli italiani ha fatto perdere, ha rubato - delinquente! - due milioni di voti al re? Questo, quando l'unico voto che Berlusconi non può rubare è il suo?
Non esiste nessuna legge da cambiare che vieti di vendere le proprie proprietà televisive e mediatiche in generale e di rendersi simile, quanto opportuno, agli altri. Non vendere è la manifestazione - prevedibile, visto chi è e come è arrivato a questo punto - della sua volontà a non risolvere per niente la situazione, a voler continuare a fare l'imprenditore insieme al politico, e fregarsene del peso delle sue televisioni; a lui necessarie, perché senza tv non avrebbe nessun potere, nemmeno fra i suoi stessi iscritti al partito.
Se per questo ci sono eccezioni forse più notevoli, come la presenza tuttora di programmi televisivi come Le Iene e Mai dire domenica, che, in modi diversi, fanno informazione, visto gli standard televisivi che la popolazione subisce, e di cose ostili verso quei criminali se ne sentono. Su La Repubblica si sono riportate le parole di qualcuno del programma de Le Iene, in cui si asseriva che vengono sopportati solo per gli alti ascolti che riescono ad ottenere.
Andando al di là delle caratteristiche del giornalista, che avrebbe dovuto comportarsi con la stessa aggressività che si vedeva nella stampa italiana ed estera, si porta qui quel che dice lui, ossia di essersi sentito come la Repubblica di San Marino rispetto all'Italia, giustamente, e parla di quel periodo come un momento in cui Mediaset voleva emanciparsi dal proprietario. Capirai quanta emancipazione effettiva si può sommare, ieri come oggi, magari ci fosse stata una intenzione seria.
D'altro canto, basta che il signorotto abbia preso male le misure dell'Italia, per spiegare la concessione, per lui straordinaria, di un lusso del genere.
Si può vedere l'intera puntata di Il raggio verde del 23 marzo 2001, "Giornalismo e satira in Tv", disponibile su Internet1. Con gli interventi di Indro Montanelli, Marco Travaglio. Ci sono in questa puntata anche degli sketch contro Berlusconi geniali dei Guzzanti. Anche altre puntata in tema sono presenti, altrettanto interessanti.
Le tivù di San Francesco d'Arcore di Giampaolo Pansa, apparso su L'Espresso, leggibile su Internet2. È vero che il proprietario si disinteressa di agire per dirigere i comportamenti della sua azienda? Qui si ha un parziale riepilogo.
"I giudici costituzionali bocciano la legge di Mitterrand, Berlusconi sulla Torre Eiffel solo se lo consentirà Chirac", La Repubblica, 14 dicembre 1985, pag. 8. Come nemmeno i monumenti possono starsene in pace con lui.
"La causa del regista contro Canale 5 per le interruzioni dei suoi film, Fellini non ferma Berlusconi «Ma sugli spot serve una legge»", La Repubblica, 1 agosto 1985, pag. 12.
"Il cinema francese si è mobilitato contro il nuovo network franco - italiano, «Berlusconi ci rovina il pubblico»", La Repubblica, 11 dicembre 1985, pag. 25. Non vogliono i francesi le interruzioni dei programmi così come si stavano facendo in Italia. Si provi a vedere oggi il canale France2 (a Roma oppure su satellite), a diretto confronto con l'attuale RAI. Ho visto nel 2002 programmi interi, in ore di punta, senza alcuna interruzione.
"Ha perso la democrazia, l'Italia saprà reagire", intervista a Enzo Biagi, L'Unità , 15 giugno 20013. «La democrazia ha perso. Ha perso perché avrebbe avuto bisogno di grandi uomini. La dittatura si accontenta anche dei piccoli: basta che i piccoli si facciano un po’ di pubblicità, che compaiano spesso sui manifesti e in tv, che alzino il tono della voce»
"Indovina chi è Pinocchio", Biagi intervista Benigni, L'Espresso, 10 ottobre 20024.
«[...] Tu conosci i comandamenti: non commettere adulterio; non uccidere; non rubare; non dir falsa testimonianza; onora tuo padre e tua madre». Ed egli rispose: «Tutte queste cose io le ho osservate fin dalla mia gioventù». Gesù, udito questo, gli disse: «Una cosa ti manca ancora: vendi tutto quello che hai, e distribuiscilo ai poveri, e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, udite queste cose, ne fu afflitto, perché era molto ricco. Gesù, vedendolo [così triste], disse: «Quanto è difficile, per quelli che hanno delle ricchezze, entrare nel regno di Dio! Perché è più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio».
(Vangelo di Luca, 18, 20-25)
[1] Il Fatto, Raiuno, 3/10/2000, sua trascrizione all'indirizzo: Il Fatto - Archivio RAI
[2] Secondo le parole di Emilio Fede del 1991, direttore responsabile delle tre testate giornalistiche in partenza: «Tutte le assunzioni le decide o le deciderà il grande cavaliere... magari scegliendo tra i nomi che noi gli proponiamo» (La Repubblica, 2 agosto 1991, pag. 14). Mentana: «A me Berlusconi ha chiesto un telegiornale per tutti. A coprirle le spalle, mi ha detto, ci penso io. [...] Per il momento, le gelosie sono sopite. E la divisione di campo stabilita proprio una settimana fa da Berlusconi sembra aver risolto gran parte dei problemi» (La Repubblica, 9 ottobre 1991, pag. 41). [Fede] «Berlusconi è un editore molto attento all'informazione. E vuole valutare bene i nuovi progetti prima di vararli» (La Repubblica, 23 agosto 1991, pag. 29).
[3] All'inazione di fronte ad infrazioni di tutti i tipi strettamente di stampo fassinodalemiana.
[4] Mentana: «Vogliamo un tg svelto, spero contenuto in un quarto d'ora o poco più, senza spot che lo interrompano e senza la ritualità dell'informazione politica parlamentare [...] Non c'è bisogno di fare sondaggi per sapere che quando vede i politici in tv la gente cambia canale« (La Repubblica, 12 settembre 1991, pag. 15). «La mia decisione di abolire del tutto qualsiasi diretta dalle sedi istituzionali del Palazzo è stata accolta con gran favore alla Fininvest» (La Repubblica, 9 ottobre 1991, pag. 41).
[1] Persona a cui ha versato diversi soldi per il finanziamento del suo partito illecitamente, da cui si è beccato una prescrizione definitiva, che lo vede colpevole di reato, senza possibilità di fare appello.
[1] Nondimeno, fino a poco tempo fa, la proprietà era finita in mano a persone, francesi, corrette, buoni editori. Tuttavia adesso c'è la Sky di un pessimo affarista, pieno di televisioni nel mondo. In tempi brevi potrebbe portarli a chi sa quali confini qualitativi.
[2] La Repubblica, 12 settembre 1991, pag. 15: [Emilio Fede] «Aveva nell'amicizia di Bettino Craxi una delle sue credenziali. Gli resta una foto appesa dietro la scrivania. [...] Craxi vorrebbe più peso sulla piazza milanese". La Repubblica, 6 dicembre 1991, pag. 9: "Canale 5 sbilanciato' verso il Psi, agitazione a Italia 1»
[3] La Repubblica, 13 settembre 1991, pag. 12.
[5] Si trova che il Partito Radicale di Pannella è proprio quello più vicino alle istanze di Berlusconi Silvio, con l'unica differenza che il primo vuole essere manifestamente anticlericale, mentre l'altro vuole essere popolare (nel senso di molto riconosciuto, non certo di sturziano).
[6] La Repubblica, 7 maggio 1985, pag. 17: «No, io faccio la cronaca e faccio parlare la gente delle loro gioie e dei loro drammi. E siccome vendo uno spettacolo e non saponette, cerco di non dimenticare la regola delle tre S sentimenti, soldi, sesso. Certo, questo non rientra nei canoni tradizionali dell'informazione. Per la RAI e anche per i giornali, al posto delle tre S c'è una P la P del Palazzo. Ma non credo che l'Italia sobbalzi per una diatriba Longo-Zanone e per un risentimento di Visentini. Sono anche convinto che alle otto di sera nessuno aspetti con trepidazione la risposta di Martelli a Natta». [...] «In un programma di intrattenimento, si parla anche non parlando» (articolo intervista di Franco Recanatesi).
[1] Ci sono ulteriori condanne definitive, facile non crederci visto come viene trattato dalla tv in generale. Nel 1996 è stato condannato in via definitiva a 6 mesi e 10 giorni di reclusione e una multa per truffa aggravata e continuata e falso ai danni dello Stato.
[2] Studio Aperto, di Italia 1, non farebbe certo partecipare un parlamentare dell'attuale opposizione alla cronaca dell'evento in caso di dimissioni del presidente del Consiglio, come è invece successo nella scorsa legislatura.
[3] «Alfredo Messina, direttore generale Fininvest, fu esplicito: la Fininvest controllava Telecinco disponendo di circa l'80% della tv. Aggiunse che erano tranquilli nonostante la violazione della legge sulle concentrazioni televisive spagnole perché c'era un interesse generale in Spagna allo sviluppo della tv commerciale». (La Repubblica, 7 o 8 aprile 2001)
[1] Condanna il 29/4/2003 in primo grado per i giudici e i corruttori, fra questi Cesare Previti (11 anni), prescrizione per Berlusconi in quanto corruttore semplice e con concessione di attenuanti generiche, a proposito di persecuzione, proprio per il suo odierno ruolo istituzionale. Deprecabile.
[2] Una ricostruzione fatta dai diretti interessati e con più dettagli della vicenda la si può ottenere via Internet, da Marco Travaglio e confermata da Montanelli al telefono, in questa puntata del programma tv di Michele Santoro: Il Raggio Verde - Filmato dalla puntata del 23 marzo 2001
[1] Citato da «Il manganello di Berlusconi e la borghesia vile», dialogo fra Montanelli e Curzio Maltese, La Primavera di MicroMega, n. 4
MALTESE: Tornando all'anti regime dell'Ulivo, il tuo giudizio rimane positivo sui governi?
MONTANELLI: Hanno fatto poco, perché avevano una maggioranza ristretta e litigiosa. Ma quel poco era di qualità. Non hanno rubato, non hanno alzato la voce, hanno provato a riformare questo paese allergico alle riforme. I ministri hanno lavorato senza passare le giornate in televisione. Di sicuro, non hanno punito né perseguitato il capo dell'opposizione, anzi gli hanno permesso di fare i suoi affari meglio di prima, hanno cercato tutti i mezzi per ammansirlo. Come si fa a capovolgere una verità così solare? La verità è che questo anticomunismo è una scusa per agitare il manganello.
[2] Ora alla direzione del TG1.
[3] Aveva chiesto di ottenere una promozione ed adesso è vicedirettore del TG1.
[1] Naturalmente, oggi direttrice della testata parlamentare della RAI.
[3] Bobbio, Pizzorusso, Sylos Labini ed altri: www.ildialogo.org/elezioni/micromega.htm
Un altro con un grosso seguito è stato quello di Umberto Eco: www.enel.it/enel/magazine/golem/Puntata3/articolo.asp?id=16
[1] Si può vedere: Dal sito di Società civile
[2] Anche i signori di Striscia la notizia si permettono, o hanno il compito, di insultare l'ex presidente della Repubblica Scalfaro.
[1] Professore emerito di economia dell'Università di Roma.
[2] Come si può vedere ad esempio in MicroMega, n.4/2001, nell'articolo di Giovanni Sartori.