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È così che si insegna la storia?

Plutarco, uomo politico e autore della Grecia antica di scritti morali e di storia, fra i quali le Vite parallele sono l'opera più nota, che di educazione se ne intendeva, concepiva la sua divulgazione storica per dare esempio di virtù. Non tralasciava completamente di trattare di elementi negativi, ma l'impegno dominante era fortemente incentrato su persone ampiamente lodevoli. E di autori con questa normale impostazione la letteratura è tutt'altro che priva. Chi può ignorarla?

Tenendo in considerazione questo aspetto, già sufficiente, dovremmo convenire a giudizi molto negativi su quanto ha fatto la RAI con questi suoi documentari storici trasmessi in prima serata, pur sapendo quanto pubblico accoglievano, un totale disastro.

Rammentiamo alcuni titoli eloquenti (periodo 1997-2001, cadenze settimanali): Mussolini combatte, sulle guerre coloniali della tirannide fascista, Il Regno del Sud, sul re Vittorio Emanuele III che scappa da Roma dopo il fascismo, da non dimenticare il documentario dedicato a Himmler e ai suoi amici nazisti, un altro sugli esperimenti fatti dai medici dei lager sugli ebrei, mentre recentemente, con un altro documentario, abbiamo avuto il grande onore di trovarci di fronte a quei simpaticoni dei gerarchi del fascismo.

Niente, niente da fare, non ce la fanno ad essere normali. Non si discorre di De Gasperi, Togliatti, Garibaldi, Giolitti o anche qualcosa di meno recente, dove è sempre più facile trovare persone di valore e che possono attrarre, di qualsiasi genere, avventuriero o politico (ad esempio i grandi nomi della Repubblica di Roma antica). Unico è l'argomento da mandare a ripetizione: Mussolini e quello che c'è intorno. Nemmeno la storia dei vincitori della seconda guerra mondiale, solo una Italia dominata si vede.

Ma l'analisi, purtroppo, non termina qui, dovendo anche constatare come si parli di questi ben ristretti periodi storici, o, per dir più precisamente, di Benito Mussolini e complici. Potremo convenire facilmente che il trattamento non sia proprio all'altezza della situazione.

Mostrare in continuazione un Mussolini agghindato, che bonifica qui, saltella di là, getta la paglia nella trebbiatrice, cavalca, posa, siede e, allo stesso tempo, un mondo a colori che canta, fa attività fisica, sfila, intercalato da qualche combattimento senza sangue, cioè insomma i documenti filmati di allora senza l'accompagnamento di un commento critico, anzi, spesso e volentieri, lasciando quello originale, non fa certo bene alla salute pubblica.

Un anziano che ha vissuto quei momenti, più che dolersi dell'insensibilità degli autori di questi programmi (senza problemi sostituibili da quelli di quindici o trenta anni fa, visti gli ottimi di Zavoli e Biagi, senza difetti dovuti al tempo), avrebbe di che dispiacersi dell'influenza che si sta avendo sulla nuova generazione.

In Italia un cumulo troppo, troppo numeroso di giovani, intimamente catalizzati o meno, sono influenzati da queste riproduzioni. Come può giustificarsi altrimenti questa accesa considerazione per il periodo della tirannide? La letteratura in materia certo non l'hanno veduta, non gliene faccio una colpa, eppure parlano su questi tempi sentendosene familiari, proprio di chi ha confidenza visiva di fatti ed azioni.

Ecco la situazione. Una gran massa di ragazzi stonano vistosamente con la logica, la conoscenza della storia, la convenienza politica. Dall'altra parte un mezzo di informazione troppo, pesantemente influenzante su una intera popolazione, fa vedere, senza farsi problemi, un dittatore che tiene in ordine le persone e vuole incidere, gareggiare con gli altri, promuove lo sport come le spacconate. Lì, dentro quei programmi, fatti in quel modo, un certo tipo di persone può trovare molti rinforzi positivi, attaccarsi a quel contesto. Il risultato orribile constatabile è che hanno teso a pensare che la politica in Italia sia solo o avere un "uomo forte" che controlla arbitrariamente secondo superficiali linee il territorio (e la chiamano "la destra"), oppure cadere di fronte ad un nemico che è il suo contrario, fiacco e debole, lassista, vigliacco, traditore ed etc ("la sinistra").

Abbiamo così da assodare che le virtù civili e militari, per usare una valida espressione di Plutarco, che le conosceva bene, sono il dolce succo del fascismo, e che magari gli dovremmo essere grati perché, in venti anni di carcere, questi padri dello Stato italiano hanno avuto la possibilità di bonificare Latina e farci un ponte che altrimenti nessuno, per fioca bontà, debole volontà e nulla conoscenza tecnologica, avrebbe deciso di costruire. Insomma, per dirla come Roberto Benigni: certo anche il mostro di Firenze e Totò Riina avranno detto buongiorno a qualcuno.

E così ed in altri modi la televisione di oggi educa l'Italia. Il delitto può essere colposo, ma debbo temere che il movente ci sia e sia anche diffuso.

Naturalmente le pretese non sono dure da eseguire. Non mi aspetto che la RAI (e qui intendo quella di Siciliano e di tanti altri, non quella senza credito di oggi) possa disporre di un nuovo Roberto Rossellini (L'Età del ferro, La lotta dell'uomo per la sopravvivenza, Anno uno, Viva l'Italia, Cartesio e altro) o metta in palinsesto in prima serata un documentario su Catone oppure il Bruto di Shakespeare (sarebbe però l'età dell'oro!). Posso limitarmi a chiedere innanzitutto che si parli (e naturalmente lo facciano autori che sono persone per bene, non scriteriati) di persone universalmente gradibili, come Luigi Sturzo, Romolo Murri, Giuseppe Mazzini, e, decisamente, non di persone di cui non dovremmo più nemmeno conoscerne i nomi: Italo Balbo, Roberto Farinacci, Galeazzo Ciano. Allora si che avrebbe il diritto di chiamarsi la "Grande storia". (07/09/2002)

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